un vertice ad Aviano

ANLAIDS NOTIZIE    

  • Tirelli: "Il sieropositivo invecchia. Grazie ai progressi della ricerca."

Umberto Tirelli, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Tumori di Aviano, in occasione del tradizionale appuntamento annuale organizzato presso il Centro di Riferimento Oncologico per fare il punto su "Tumori in Hiv", giunto ormai alla sesta edizione, ha risposto ad alcune domande sullo stato della Ricerca.

Professor Tirelli, quali le novità che hanno caratterizzato l’incontro di quest’anno dedicato ai "Tumori in Hiv"?

Più che una novità e’ una piacevole constatazione: la popolazione dei sieropositivi invecchia. Ciò grazie ai progressi raggiunti dalla ricerca farmacologia. Ormai l’età’ non rappresenta più un fattore prognostico sfavorevole. Questo ci pone di fronte a nuove sfide da affrontare: che impatto ha a lungo termine i trattamenti antiretrovirali? Quali farmaci preferire per trattare pazienti di età diverse? Esistono differenze in termini di effetti collaterali o di eventuali tossicità per i pazienti più anziani? E le evidenze ci dicono che sempre più in futuro dovremo fare i conti con i problemi che insorgono nella popolazione più avanti con gli anni, in particolare le malattie oncologiche. Che oggi, insieme alla cirrosi epatica, rappresentano la prima causa di morte per pazienti affetti dall’Hiv.

Ma tra le manifestazioni più tristemente note dell’Aids c’erano proprio le macchie della pelle tipiche del sarcoma di Kaposi: i sieropositivi non hanno sempre avuto a che fare con il cancro?

Si, ma la differenza è che ora, grazie alle terapie, i tumori classicamente associati a una grave immunodeficienza, come il Kaposi o i linfomi in genere, sono in costante diminuzione tra i sieropositivi. Mentre aumentano quelli legati all’invecchiamento della popolazione, dal fegato alla prostata, dal polmone al colon. E non dimentichiamo che spesso questi pazienti si presentano con pericolose co-infezioni, cioè oltre all’Hiv, albergano anche virus quali quelli delle epatiti B e C, l’HPV (Papilloma virus umano), l’HHV-8 o l’EBV (Epstein-Barr) associati all’insorgenza di diverse forme tumorali a carico di fegato, cervice uterina, pelle, naso-faringe, ecc. Inoltre molti di questi pazienti seguono da anni stili di vita a rischio, soprattutto per quanto riguarda il fumo di sigarette o l’abuso di alcol. Nonostante i dati epidemiologici riportino un consistente aumento del rischio di sviluppare un cancro al polmone (anche 6-7 volte maggiore rispetto alla popolazione generale) oltre l’80% dei pazienti Hiv+ fuma più di un pacchetto di sigarette al giorno.

Che misure adottare per fronteggiare questa nuova situazione epidemiologica?

Prima di tutto dobbiamo insistere con la prevenzione, per tentare di eliminare (o almeno ridurre) le abitudini di vita pericolose. Inoltre, qui al Centro di Riferimento Oncologico di Aviano proponiamo di applicare a questi pazienti le Linee Guida per la diagnosi precoce dei tumori, eseguendo i test e gli esami raccomandati per la popolazione generale della stessa età. Finora non era facile vedere pazienti che arrivavano a certe età e quindi non esistevano precise indicazioni mediche a riguardo. La stessa popolazione sieropositiva ha poca coscienza del pericolo rappresentato dai tumori. E non dimentichiamo le positive evidenze che si stanno accumulando nel settore dei trapianti in HIV: come ci riferisse il Prof. Ignazio Marino (e lo conferma l’esperienza italiana su otto pazienti trapiantati) il trapianto del fegato e’ una pratica che ha dato buoni risultati, paragonabili a quelli registrati con la popolazione generale.

Infine professore, come riassumere i risultati ottenuti dalla collaborazione con la dottoressa Ensoli dell’Istituto Superiore di Sanità?

La collaborazione nata con l’Iss e’ la dimostrazione di come ora gli ambiti di ricerca relativi all’Aids e il cancro si siano incaricati anche sotto l’aspetto clinico. Se infatti finora era stato privilegiato l’aspetto biologico, la disponibilita’ di una molecola anti-Hiv dalle spiccate proprietà antiangiogenetiche ci ha portato ora a sperimentare direttamente in clinica. Con il vantaggio che si tratta di un farmaco gi approvato e che quindi non deve prima superare tutte le fasi iniziali: inoltre sappiamo che e’ relativamente ben tollerato, soprattutto rispetto alla chemioterapia tradizionale. L’Indinavir, l’inibitore della proteasi in questione, ha dimostrato di fornire buoni risultati sui topi con tumore del polmone umano. Sulla base di tali evidenze abbiamo deciso di tentare questo innovativo approccio terapeutico su pazienti non Hiv+ affetti da tumore del polmone che sono gia’ in risposta alla terapia. Abbiamo scelto un tumore metastatico non operabile perche’ in questo momento ci interessa mettere in evidenza un qualsiasi impatto positivo che possa derivare da questo trattamento. E’ gia’ un primo aumento della sopravvivenza sarebbe un risultato da cui prendere le mosse per un’eventuale indagine randomizzata che dimostri statisticamente certi effetti. Ci vorranno però diversi mesi per avere una prima valutazione dell’efficacia di questo nuovo approccio terapeutico. Intanto la dottoressa Ensoli, nei suoi laboratori presso l’Istituto Superiore di Sanita’, correla i dati clinici con quelli biologici: scopre se e quali parametri legati all’angiogenesi risultano modificati all’attività’ del farmaco. E viceversa come questa modificazione si traduce sul piano clinico.

 

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